L’intima natura della materia sfugge ai classici criteri di indagine della scienza accademica perché i suoi dettami di certezza e ripetibilità la ancorano a un piano manifesto della realtà e questo radicamento la tiene lontana dalla vera comprensione del fenomeno vitale le cui radici appartengono a un piano non manifesto. Essendo metodicamente orientato al solo aspetto oggettivo, dettato da prove certe e ripetibili, il sapere accademico non è in grado di andare oltre il finito della propria impostazione obiettiva.
Ma quanti sono i medici dediti ad un ortodosso pensiero accademico che pregano per la propria anima pur non potendola dimostrare scientificamente?
Di fatto, la comunità scientifica, specie nel campo della Medicina, pur sfornando nuove scoperte, continua a rimanere alla periferia della vera conoscenza del fenomeno vitale perché oltre al formale aspetto quantitativo non considera anche i parametri bio-energetici e bio-informazionali che sostanziano l’aspetto qualitativo non solo dell’uomo ma in senso più lato, di ogni elemento del creato.
Di questo passo si potrà anche conoscere l’intera famiglia delle Prostaglandine o delle Interleuchine e un’infinità di altri mediatori chimici dai nomi più strani, ma non si sa perché alcuni soggetti malati di tumore anche in fase terminale, guariscono “miracolosamente” senza l’ausilio di farmaci, o perché moltissimi soggetti guariscono dai loro mali con terapie non convenzionali come la Neuralterapia, la Nutripuntura, l’Omeopatia e via dicendo.
Un’altra stranezza è che ci sono pazienti che si ammalano di Raffreddore e di Influenza e a volte anche più volte nello stesso periodo invernale, bene, ma allora perché mai si ammala solo una certa fetta della popolazione pur in presenza degli stessi ceppi virali? Semplicemente perché ogni organismo ha un suo specifico “terreno”.
Il concetto di “terreno” per distinguere la complessità biologica dell’organismo dell’uomo fu coniato più di un secolo fa dal professor Antonie Bechamp e venne abbracciato da altri famosi biologi del tempo come Claude Bernard, ma non da Luis Pasteur ed è nota a tal proposito, la storica confessione che in punto di morte lo stesso Pasteur fece ad un suo assistente: ”Eh si,… Claude Bernard aveva ragione, il terreno è tutto, il microbo è nulla.”
Sarebbe stato un bene per l’umanità se si fosse data più attenzione a questo indirizzo vitalistico invece di abbandonarlo a favore di una impostazione prettamente chimica dalla quale, guarda caso, è poi sorto l’impero del “Dio farmaco”, dei fertilizzanti, dei pesticidi e dei diserbanti che certamente hanno aiutato il comparto agricolo decimando il “nemico” ma hanno anche impoverito le naturali difese immunitarie dei vari terreni siano essi vegetali che umani.
A quel tempo e in tempi più antichi, si parlava di Corpo, Anima e Spirito, ora con un linguaggio moderno questi termini sono stati sostituiti rispettivamente da Materia, Energia e Informazione, ciò nonostante in campo medico si continuano ad escludere i già citati parametri bio-energetici e bio-informazionali, per non parlare di quelli archetipali, trascurando la biodiversità che distingue il “terreno” di un paziente dall’altro.
Da un punto di vista scientifico, l’aspetto trino che caratterizza l’essere vivente è stato stupendamente scolpito nella storia da Albert Einstein con la famosa formula E = mc².
Da questa mirabile sintesi trina si deduce che Energia, Materia ed Informazione, che sono la traslitterazione analogica della formula di Einstein, sono principi strettamente interconnessi a tal punto da essere considerati un unico principio all’interno del quale le tre espressioni di base si tramutano una nell’altra, tanto che si può affermare che la Materia è Energia coagulata, l’Informazione è Energia allo stato potenziale, proprio come l’Energia è Informazione in atto. Tutto ciò fluttua con un proprio ritmo dando vita alla vasta fenomenologia vitale della Natura e del Creato in toto.
In assoluto, c’è da intendere che ogni ente di Natura è essenzialmente unico e allo stesso tempo trino nei suoi Principi costitutivi e la parte più sottile che lo anima, è insita nella “vacuità” (termine di derivazione orientale che sottende uno stato potenziale senza Forma da cui origina ogni Forma) stessa della materia, organica o inorganica che sia.
Quindi, scientificamente parlando, lo studio del fenomeno vitale che caratterizza tanto la materia quanto l’uomo, dovrebbe puntare anche sulle forze di natura fisica che intervengono nell’organizzazione spaziale delle particelle subatomiche piuttosto che accanirsi sull’analisi degli elementi chimici finiti.
Un altro punto che non è molto a favore della scienza accademica, specie in campo medico, è che essa crede che l’uomo e la materia, si possono scomporre e ricomporre senza che si perda nulla della loro funzione generale e, a onor del vero, lo dimostrano gli innumerevoli casi di trapianti d’organo, però come si spiegano le neo-sensibilità dei pazienti che hanno subito un trapiantato d’organo o una trasfusione di sangue che erano tipiche del donatore?
Bisogna intendere che c’è dell’altro nella Natura delle cose e in particolare nell’uomo che rende ogni elemento unico e allo stesso tempo uni versale per cui, per saperne di più, è bene prendere in considerazione nuovi indirizzi conoscitivi e abbracciare nuove impostazioni di pensiero, senza per questo abbandonare quelle vecchie.
Quindi, per comprendere più in profondità il fenomeno vitale che anima il microcosmo umano, non si può fare a meno di utilizzare canoni legati alla scienza fisica, specie di impostazione quantistica. Ovvero si dovrebbero studiare più a fondo le nature elettromagnetica e fotonica dei legami tra le molecole che pilotano le funzioni biologiche dell’organismo umano piuttosto che considerare solo gli aspetti biochimici, solo così si potranno dare risposte a domande come:
- Chi o cosa pilota l’incontro tra due atomi o tra due molecole?
- Chi o cosa gestisce l’ordine delle dinamiche biochimiche?
- Chi o cosa è a capo della dimensione biologica?
- Chi o cosa pilota le innumerevoli funzioni dell’organismo dell’uomo?
Vista la smisurata mole di reazioni in gioco, non si può che trattare di un’intelligenza che vede l’insieme e il singolo aspetto allo stesso modo, dando ad ognuno di essi il giusto grado di importanza.
I premi Nobel per la medicina James Watson e Francis Crick scoprendo la fine strutturazione chimica del DNA credevano di aver trovato il codice della vita, ma recenti scoperte segnalano che questa macromolecola a struttura elicoidale emette fotoni ed ha attività risonanti, per cui a maggior ragione, è bene non puntare unicamente sugli aspetti chimici per comprendere a fondo l’aspetto vitalistico della nostra biologia.
Così, chi vuole conoscere a fondo tale mirabile argomento non può che dedicarsi anche a vie conoscitive trasversali, comunemente intese come alternative, in quanto i classici dogmi accademici, pur avendo raggiunto un alto grado di sapienza, risultano inadeguati nello studio del fenomeno vitale e di fatto, sono ancora al palo nei confronti della sua vera conoscenza per l’assenza di una visione integrata.
È maturato il tempo in cui c’è da studiare in che modo non solo le cellule ma anche le molecole e le macromolecole comunicano tra loro, anche a distanza e a tempo zero. E solo comprendendo il loro fine linguaggio che si basa su aspetti vibrazionali, piezoelettrici, elettromagnetici, fotonici, subsonici, elettroionici e risonanti che si potranno conoscere gli aspetti più fini del fenomeno vitale.
È pur vero che l’evoluzione dcl sapere accademico ha portato e continua a portare con sé nuove acquisizioni, resta il fatto che il fenomeno vitale è ancora un mistero nella sua reale natura per cui non si può che essere d’accordo sia con il professor Roger Sperry, premio Nobel per i suoi studi in Neurobiologia, quando sostiene che il principio informazionale che sostiene il fenomeno vitale “… non sarà mai trovato nella chimica dell’inchiostro.” e con il filosofo A. J. Heschel quando afferma che “Il libro della Conoscenza cresce sul suolo del mistero.”
È indubbio che nell’affrontare l’ignoto non si può che esplorare la propria ignoranza ma è grazie alla facoltà di sapersi mettere in discussione che l’uomo può uscire dai schematismi “Locali” e, libero dalle attrazioni mentali preconcette dettate dalla pura logica, può ambire alla vera conoscenza che è legata indissolubilmente ad aspetti “Non Locali”, per dirla in termini quantistici, per cui ciò che non si conosce, dovrebbe essere inteso come un invito all’apertura di nuove strade investigative.
Il dubbio, come dice il fisico R. P. Feynman, non è altro che una spinta a guardare in nuove direzioni, una opportunità di conoscenza messa in atto attraverso nuove prospettive, nuovi orientamenti, ecco perché le più grandi scoperte nascono per caso e non dal ragionamento.
Si può affermare che l’alleato ideale del “vero” ricercatore sia il paradosso, il cui apparente controsenso di base sfugge alle maglie della logica, semplicemente perché esprime concetti che la mente non sa comprendere con la sua ordinaria impostazione duale di causa->effetto. Lo stesso Cristo, essendo stato contemporaneamente Dio e uomo, o un morto’-‘risorto, era un paradosso vivente, il paradosso si estende anche nei confronti della Madonna che era una madre-vergine!
C’è da dire che per i credenti questi paradossi sono dei dogmi, quindi non sono argomenti di discussione, per altri, curiosi di sondare l’ignoto, sono fonte di meditazione.
È la “Dotta Ignoranza” di natura non preconcetta che rende l’uomo veramente libero di percepire il fuoco vivo della Verità, per cui il paradosso non è più un freno alla comprensione quando si rinuncia a dare ascolto alla razionalità delle proprie “micro-deità intellettuali” intese come ragioni preconfezionate.
Ma al giorno d’oggi, è così difficile rinunciare alle proprie convinzioni perché ognuno tende ad identificarsi con ciò che più crede ed è poco frequente trovare qualcuno che si rispecchi in un contesto di integrazione con il prossimo e allo stesso modo, è ancora più difficile trovare qualcuno che sia integrato con il proprio universo interiore.
In base a questa concezione di equidistanza dimensionale si può tranquillamente affermare che la cellula è per l’organismo quanto l’individuo è per la specie e la coscienza umana è di fronte alla coscienza delle cellule come la coscienza cosmica dell’Universo è di fronte a quella dell’uomo. La resa dei sensi di fronte all’intima bellezza dell’infinito apre scenari inaspettati della realtà e semina domande che solo una mente aperta può intuirne il senso. Ecco perché i geni di ogni disciplina, a volte sembrano più filosofi che scienziati.
Da sempre il seme del vero arde senza bruciare lontano dalle catene dei preconcetti e dalle trappole della logica di stampo mentale; in questa prospettiva micro-macrocosmica, non si può essere grandi se non si sa essere piccoli!